Sarei molto fortunato, perché io ho dei bambini, anche se non ho figli.
Giusto giusto scorre durante queste prime parole scritte una canzone di Claudio Baglioni, Come un eterno addio. L’immagine di un arrivederci e uno strappo che manifesta la paura di non potersi più rivedere.
Venerdì scorso, proprio quello santo, ho accompagnato mia nipote con un inevitabile e atroce inganno a quell’appuntamento nello studio del suo assistente sociale di riferimento in cui per lei dopo un’ora sarebbe arrivato un pulmino, che l’avrebbe portata in una comunità. Una struttura socio riabilitativa e rieducativa. A soli 13 anni. La scoperta di questo inganno, le grida e lo scontato piangere, ribellarsi, ha sottolineato come il suo polso sia stato superiore al mio, quando a 9 anni sono stato portato in un collegio. E ci sono rimasto un anno e mezzo quasi. Non avevo la forza interiore di urlare o di impormi con quella prepotenza sul non volerne proprio sapere di andarci. E fortunatamente non riesco a ricordare la prima notte che sono rimasto lì, a dormire, solo, in quella camerata, senza mia madre e la mia sorellina. Senza l’abbraccio e la dolce sicurezza di mia nonna. Venerdì le sue lacrime urlate mi hanno spezzato il cuore già crepato, pur riuscendo a non piangere, sono tutto rotto dentro. Quella mia bambina, un destino così ingiusto e apparentemente asimmetrico per lei. Un karma incomprensibile sebbene così puntuale. Le ho sentito dire ad un’amica nell’ultima telefonata su quel pulmino verso San patrignano, “mi portano via, perché ho fatto troppe cazzate”. Eppure fino a poco prima quattro persone, sua madre, io, lo psicologo e l’assistente sociale le avevamo sottolineato la differenza tra una punizione e l’opportunità, di vedere anche realtà diverse, panorami di vita diversa. Soprattutto protetta dai pericoli della vita che stava percorrendo. Ma nulla può togliere il fazzoletto di sangue versato che ho macchiato nel mio cuore, pur sapendo di non avere altre possibiltà. A 13 anni incoscientemente ha vissuto gradualmente una realtà sempre più pericolosa per sé, pur non avendone la corretta percezione, ma soprattutto incamminata in una strada che portava a delinquenza e menzogna. Due volte l’ho abbracciata prendendola a me, temendo il suo rifiuto, anche quando la stavo salutando per lasciarla sola in comunità, eppure lei mi è saltata in braccio come mia figlia. Dopo due giorni riesco a piangere una sola lacrima finalmente, quasi non ne fossi nemmeno degno, ma tirando il fiato, e pensando alla sua solitudine di quella stanza. Di quelle nuove regole così immediatamente rigide e diverse dalla sua realtà precedente. Sua madre era via da tre mesi presso un’altra comunità, nell’ultimo anno era lo spettro di una madre e di mia sorella e arrivata all’ennesimo culmine ha fatto una scelta prepotente, ora una persona già completamente diversa e cosciente di tutti i suoi errori, volenterosa di ricostruirsi vita ed identità. Suo padre in questo momento assente, allontanato da una serie di eventi dei quali so bene non sia sua la colpa. Quel padre condannato dalla bambina, direttamente e anche per riferita persona, come avviene inconsciamente anche per la madre, ma si sa, la mamma è sempre la mamma. Da circa 4 anni abbondanti la bambina ha vissuto una situazione in cambiamento, un rinnovamento degenerativo e in perdita costante. Perdita di presenza genitoriale, questa madre che vorrebbe rifarsi una vita e nuove relazioni, ma in direzioni non giuste, specialmente alla vista di una bambina di 9/10 anni. Anni lunghi e cruciali nei quali si inserisce quell’incidente, in cui il padre finisce fuori strada con l’auto con la sorellina piccola, e l’evento per le sue correlazioni, innesca il meccanismo tutelativo e distruttivo al contempo del tribunale dei minori e dell’assistenza sociale. Entrambe le bambine, anche la sorella di due anni e mezzo in meno, a quel punto entrano a contatto con realtà di minori in difficoltà, confrontandosi con mancanze, abusi, trasgressioni, autolesionismi… Tutto ciò dopo un po’ di tempo diventa la loro nuova normalità, con pericolosi meccanismi di agonismi ed emulazioni. Il loro nuovo sguardo sul mondo. Pian piano queste bambine diventano sempre più borderline, anche per l’assenza fisica, emotiva e incosciente della madre, riferendosi in mancanza di guide e di figure, a schemi ahimè troppo presenti nel loro unico canale di informazione disponibile, la ludopatia. Così come il social e le tendenze correlate di chi già fuorviato decade ancora di più. A questo si aggiunge un comburente continuo nella rabbia repressa della situazione subita, e acceso dalla miccia della mancanza totale di una corretta educazione. La scuola diviene un passatempo che può via via essere tralasciato, perdendo della dovuta importanza, a favore di una veloce crescita verso istinti adulti influenzati dalle mode più morbose e stupide che la mancanza di profilazione per età e del dovuto controllo sui valori avrebbero potuto evitare. Sia chiaro che il mondo esterno odierno è davvero un girone infernale, ed indirizzare un minore verso valori coerenti e onesti è davvero difficile, richiede costanza e pazienza, sapendo utilizzare bastone e carota, rivestiti entrambi di presenza e affetto continui, anche nel forzarli ad investire il tempo in uno sport o un’attività che li tenga lontani dai bombardamenti mediatici social che tendono sempre più verso il nulla. Me ne sono accorto ritrovandoli sempre pronti ad essere quei bambini che pronti ad essere ripresi in braccio, un attimo prima mi parlavano, si ribellavano e scalciavano, come in un film di malavita o una canzone rap odierni. Premere il pulsante per ritrovare quel bambino nascosto è una chiave molto difficile da trovare, ma con la certezza che stai cercando qualcosa di cui senti la presenza molto vicina.
Le due bambine in questione sono le mie nipoti. La grande di 13 anni ora è in comunità, sola, senza telefono (l’unica identità, svago e sfogo falsati, ancor prima che canale comunicativo), a piangere di solitudine, rimorso e smarrimento, per ritornare a dei valori di vita da ricostruire completamente, e di cui non posso che sentirmi molto colpevole. Ma i guai in cui si stava cacciando erano veramente grossi, e questa società non mi offriva più altre alternative odierne disponibili, e questa è un’ultima possibilità, al momento. La piccola ora, di 11 anni, è in una situazione proporzionalmente altrettanto delicata. E va monitorata per comprendere dove quelle sue brillanti e spiccate qualità, personalità e soprattutto “personaggi”, la possano portare, visti i precedenti apatici, autolesionistici, pseudosuicidi, che hanno costellato il suo recente passato. Anche lei è cosciente di tutto ciò che ha intorno, anche della sorella e di dove si trova ora, a tratti sua protettrice e complice, nemica, amica, e recente cattivo esempio. Anche lei una bambina, sviluppata come una bellissima ragazza adolescente, che come ritengo da sempre, la tipologia di spiccata e intelligente versatilità di un’attrice eccezionale in futuro, ma sempre rimane quella bambina da mangiare di baci ricambiati e da coccolare in braccio sentendola finalmente abbandonarsi al mio affetto. Ne ho un altro di bambino, mio nipote, il figlio di un’altra mia sorella. Anche lei in difficoltà per questi eventi di cui si è fatta carico, in una situazione già presente fitta di sofferenza e dal passato tumultuoso che teme possa bussare nuovamente alla porta. Il suo bambino è come se fosse il mio, perché nato il 3 febbraio ed io il 4. Perché le sue mani sono la fotografia del mio ricordo del me bambino che si osservava le mani. Perché fa il portiere di calcio come lo sono stato io. Perché mi corre incontro tuffandosi per darmi un bacio sulla bocca. Perché so parlare la sua lingua, lo capisco e so come motivarlo o stoppare la sua inevitabile rabbia ribelle di un bambino di appena 10 anni che ha vissuto tutto ciò che hanno vissuto le cugine, direttamente ed indirettamente, le medesime situazioni, episodi e discorsi ai quali non doveva essere presente, immagini e dinamiche troppo difficili da leggere per la richiesta di amore, aiuto e stabilità che inconsciamente questi bambini emettono, anche quando stanno facendo un guaio o un dispetto intenzionale.
I bambini sono un dono. Sono anche una scelta. Quando si compie quella scelta non si può essere così coscienti. Forse è per quello che le figure dei nonni sono spesso più apprezzabili. Io a 50 anni potrei davvero essere anche nonno oltre che zio, e comprendo quell’amore che esplode diversamente quando nasce amore dal tuo amore, e quando nasce un nuovo amore da ciò che è frutto del tuo amore. I bambini sono Amore. Oltre a rappresentare inequivocabilmente la nostra proiezione futura. E spesso ci dimentichiamo. Sono esseri umani che hanno meno reazioni degli adulti legate alle conoscenze passate. Che hanno meno schemi di noi e che chiedono soltanto. D’altronde i cuccioli chiedono nutrimento, ma non è la sola fame a spingerli. Il nutrimento non è soltanto cibo, e purtroppo o per fortuna, un riparo ed un’educazione non bastano. Ci vuole altro, richiesto e trasmesso senza denaro e senza impegno materiale. Certo è, che se oltre a questo, vengono a mancare anche i primordiali flussi educativi e di nutrimento, il lavoro di recupero è arduo. Starò almeno tre mesi senza nemmeno potere vedere la mia bambina di 13 anni, e la cosa mi devasta come se il colpevole fossi io, e probabilmente lo sono, avrei potuto fare molto di più, innegabilmente. Avrei dovuto, potuto, voluto. Non so davvero, fatto sta che ora devo trovare il modo di utilizzare questo dolore anziché spiegarne io perché, che comprenderebbe l’incolpare o incolparmi.
E, dimenticavo, d’altronde ci si sofferma sempre più sulla sofferenza e sulla morte che sulla rinascita, oggi sarebbe anche Pasqua.
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