Probabilmente la madre della ragazzina deve aver avuto un mancamento nel sentirsi annunciare la gravidanza della figlia di 16 anni, considerato il 1975, e considerato anche il suo non voler vedere a volte le cose, una specie di “lasciar vivere” dal riflesso ignavo e timoroso.
Di fronte alla scontata indagine della madre, “Toni” ancora negava e mentiva omettendo ad oltranza il nome del complice di quel pasticcio. Un vigoroso e rumoroso pugno sul tavolo interruppe il silenzio e la bugia con una frase da film: “allora vuol dire che è sposato!”
Al che la ragazzina cantò. Ed un grosso peso si alleggerì perché nessuno la picchiò, quella donna non tollerava le bugie ma era capace di un amore strepitoso e soprattutto di sorprenderti della propria calma non appena la verità veniva a galla.

In seguito Alba Rosa si recò direttamente in caserma, alla ricerca di questa persona, questo Francesco o Franco, militare di carriera a Rimini, dalle origini baresi. Di fronte alle richieste di questa donna lui esercitò una spiccata qualità di atleta professionista, esperto in arrampicamento sugli specchi. Qualità questa non persa, anche dopo 30 anni, per convenienza si rivedeva lo stesso stile. Ma l’intenzione positiva di questo sport c’era, ed era la salvaguardia personale, di fronte non tanto alla scoperta della promessa sposa o dell’altra amante, ma alle bastonate del proprio padre che l’avrebbe poi costretto a sposare quella ragazzina.
Un severo voltastomaco aggrovigliò la digestione di questa scena osservata dalla madre della ragazzina, che interruppe quel mix di sport e teatro con una frase ancora risonante: “allora se deve avere un padre così, il bambino è meglio che stia con noi”.

Il tempo passò, e tutti lo vennero a sapere, addirittura Severino, il padre della ragazzina, sempre abbastanza taciturno, fu capace di dire a qualche amico o parente con cui aveva intimità: “hai visto cosa mi è successo?” Ma in quel tempo i pantaloni li portavano le donne, e le tre donne di casa si rimboccarono pure le maniche per fare in modo che tutto andasse a buon fine, che questa gravidanza fosse protetta e amata, dopo molti mesi di dispiacere e menzogna, un tener nascosto quel segreto che tanto spaventava nella reazione di chi lo avrebbe scoperto, ma era un treno che prima o poi sarebbe arrivato in stazione, era inutile attenderlo in piedi…
Ed il capolinea, il termine dei primi di febbraio arrivò, con un freddo artico e probabilmente già imbiancato. Era il 4 di febbraio, ore 18 e 40, 17 anni compiuti, tanta paura e tanto dolore per un’esperienza che avrebbe segnato quella ragazzina per sempre. Ed un bambino venne alla luce. Un bambino, sano, speciale. Lei non ne aveva voluto sapere di conoscere anzitempo il sesso del nascituro quindi quello stesso giorno in pochissimo tempo ha dovuto decidere, e ronzavano nei suoi pensieri i nomi di Antonello o Luigi. Poi questo “Giacomo” arrivo deciso e pulito come gli occhi del neonato, mentre al di sopra di quel letto, nella clinica Villa Maria, campeggiava un quadro della Vergine, per cui l’aggiunta di quel “Maria” fu come una protezione per lui, che senza un padre biologico, in quella particolare condizione e situazione avrebbe affrontato la vita.

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