E’ la quinta volta, o sesta credo, che vengo a Napoli. Sempre per lavoro al festival dell’oriente. E ancora una volta trattandosi di una manifestazione che ha diversi giorni lavorativi spalmati in 15 giorni totali, riesco anche a visitare e vivere dinamiche diverse. La spesa, i quartieri, la cultura, le chiacchiere, gli scambi materiali e sociali, il relax, un poco di vacanza, oltre alle migliaia di dinamiche diverse che ho l’occasione di vedere e di cui specchiarmi durante il mio lavoro, in cui in una giornata posso vedere 10000 persone, o parlare anche con 1000 diverse. Una città in cui il concetto romagnolo di mare-monte viene sconvolto, inteso sia come direzione che orientamento. Una città in cui il mare ti avvolge da ogni lato, in maniera quasi impossibile. Una città in cui le persone ti insegnano ciò che solo se vieni qui puoi imparare. Vedi Napoli poi muori, proprio per le cose che vedi, dopodiché puoi dire di aver visto tanto, di aver visto abbastanza. Le persone ti insegnano tanto, come arrangiarsi, come cavarsela, come ingegnarsi, come accontentarti. Già a Roma cercano di accontentarti, ma in modo diverso. Qui sono come obbligati a farlo, ma non da qualcuno, per cultura. Nel 2015, alla mia prima volta qui scrivevo: ”Napoli, gente di cuore, gente d’onore”. Il ragazzo alla porta che doveva controllare gli accessi a fianco del nostro stand, era alla sua prima esperienza in fiera, e dopo poco abbiamo cominciato a scherzare. Il giorno dopo sua madre mi ha mandato un panino con salsiccia e friarielli, proprio a me. E nemmeno l’avevo mai vista. Chiaramente, come dovunque, le persone sono di ogni tipo, e tutto il mondo è paese, ma qui come in sicilia ho visto quella disponibilità ad aiutarti che altrove non c’è. Anche la diffidenza è diversa, è comunque rispettosa. C’è poi la dinamica del traffico, per cui per forza di cose ti devi adeguare, pena il divenire condizione estenuante, dinamica sempre a rischio qui. Vivi e lascia vivere, e non rompere i coglioni, più che possibilmente. Fai un po ciò che vuoi ma con rispetto, ed i cocci saranno sempre tuoi.
Ripeto, non tutto è così, ma è palese che ti capiti di vedere ciò che ti serve. Ed è importante incamerare i segni ricevuti.

Prendi casa in un quartiere e fai una vita, cambi quartiere e cambi vita. Inizialmente puoi rimanerne impressionato, sconvolto, specialmente sulla cultura dei rifiuti e del loro essere disseminati ovunque, poi capisci, ti adegui, fai il tuo. Non giudichi più, nemmeno le difficoltà di una palazzina con 96 bellisssimi appartamenti su nove piani, con un minuscolo ascensore da due persone, di fronte al quale facendo la fila scambi un sorriso o un buongiorno, e fuori scordarsi di parcheggiare vicino, magari percorrendo una salita di 5/600 metri se va bene. E trovare il mezzo incolume, vicino a tanti frammenti di vetro vicini, di fianco ad abitazioni più modeste ma dignitose, di fianco a migliaia di persone di tutti i tipi che ti passano vicino dimostrandoti che è normale così, e che stai solo perdendo tempo a fare inutili considerazioni sul perché, sul come, e mille altre seghe mentali. Hai visto il meglio e ti dispiace se vedi il peggio? Allo stesso modo conosci il peggio ed invidi o detesti il meglio? Questa gente ti insegna l’indifferenza pura. Quella animale, quella per cui se hai davvero bisogno ti aiutano, per tutto il resto ci sei tu o c’è Dio.

Anche le varie forme di amore sono evidenti segni di modalità aliene alle mie, ma degne di essere analizzate, specchiando i tratti comuni da quelli simili, e accogliendo le diversità di un riflesso così curioso. I figli ad esempio, ‘e criature, così come i rapporti di coppia, sono affreschi dalle infinite sfaccettature. Per non parlare delle parentele, e di cosa vogliano dire, soprattutto a livello di impegno e disponibilità. Anche le amicizie qui sfociano in quel tipo di impegno. Il matrimonio partenopeo ho sempre pensato che venisse prima dell’amore, ed ho giudicato, sbagliando, qualcosa di cui non potevo sapere. D’altronde qui al sud il pane si divide a fette per tutti, al nord non si usa. Ed ho detto praticamente tutto.

Procida di fronte ad Ischia

Pure in alcune manifeste frivolezze, c’è serietà, e quindi è doveroso rispettarle. Qui non si viene a chiedere di mangiare qualcosa di diverso da quello che c’è, è offensivo. E già è difficile farli offendere. Noto con piacere la mancanza di inutili salamelecchi, piuttosto che l’abitudine al finto buongiorno pure tra sconosciuti. Rompendo lo schema del fritto – uguale – malsano o semplice, scopri sapori e amore in ciò che mangi. E’ noto a mia mamma che mangio diverse verdure solo cucinate qui.
Ieri un indiano in spiaggia cercava di vendere alcuni gioielli ad una signora, lei sulla sessantina abbondante, un bell’occhiale da sole con catenina per non perderli, il fare da persona colta e disponibile. Non so se avrà comprato o meno da lui, fatto sta che ad un certo punto ha fatto lui vedere con il suo telefono su internet che alcuni pezzi potevano anche essere pagati meno, e con molta educazione gli ha pure consigliato in merito alle giornate migliori in cui ritornare a vendere. Penso che la cosa sia durata per un’ora circa.
A parte l’umoristica quanto pericolosa scena del ragazzino di turno che ti sorpassa a destra in pieno centro senza casco, e con una mano vederlo chattare nello smartphone, non puoi che sorridere e sperare che l’arcangelo lo protegga. Così come quelli che sono sempre dietro a fare qualcosa, anche mentre guidano, moto, scooter, macchina. Solo in rari casi ti suonano se non ti sbrighi, anche a passare con il rosso se è un incrocio deserto. Certo è che le precedenze sono relative e non puoi davvero stare lì a calcolarle rigorosamente, ma ti ritrovi a passare, con quel minimo di accortezza a non renderti pericoloso, anche se tagli la strada o devi fare inversione, perché davvero non puoi fare diversamernte.

Già. Fare inversione. O tagliare la strada. Anche questa simbologia va vista. Quante volte tagliamo la strada a qualcuno nella nostra vita, rendendo il nostro passaggio accorciato pericoloso per altri. Quante volte capiamo di aver sbagliato direzione, e decidiamo di invertire il senso di marcia rischiando o creando problemi o incidenti? Sebbene sia probabilmente cosa già fatta, sopravviene il pensiero, solo in caso di avvenuti problemi, se davvero potevamo farla diversamente o più avanti quell’inversione, magari più in sicurezza, così come prendere quella direzione rischiando di far male a qualcuno, o anche a noi stessi. Ed alla base di questi problemi e queste scelte, c’è sempre la fretta, la cattiva consigliera. Il pensiero di essere in ritardo, di dover recuperare, qualcosa che nel presente non c’è già più, o che in proiezione non sappiamo nemmeno se ci sarà. Pensare di fare più cose insieme ignorando il fatto di creare più approssimazioni, piuttosto che una sola fatta per bene.

Sempre a proposito di quel famoso cambio di direzione, ricordo un esempio molto bello che ho ricevuto un paio d’anni fa. Noi siamo come una nave, che improvvisamente deve cambiare direzione. Sappiamo bene come funziona e che la manovra per girare creerà smottamenti anche rumorosi o evidenti, compreso l’inevitabile preparazione, prima di ritrovarsi nella nuova direzione.

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