Sono ancora una volta qui a blaterare di amore, e delle sue forme, sperando di aver capito, forse, chissà, qualche indizio o qualche segno che mi mostri la forma di amore più evoluta. Eros, philos, agapé, le tre forme già citate e ampiamente discusse, nei secoli, che possono rappresentare un percorso, verso cui giungere. La natura umana porta spesso a provare attrazione verso un’altro essere, che sia estetico, intellettuale, curiosità, mistero. Sì, a volte quel mistero nasconde a sua volta altri schemi o veri e propri segni. Anime collegate, che si devono trovare, per forza o per amore. Già ci sarebbe da approfondire quel “per forza”, molto distintivo di un destino che in pochi vorrebbero, potrebbero, o sarebbero in grado di approfondire. Quindi anche l’amore carnale, quello attrattivo, quello per cui inizialmente anche stima o fascino possono avvicinarci a qualcuno, hanno una risultante destinale. Sul philos, cioè il percorso insieme, non voglio e non posso approfondire, perché è proprio durante questa fase che può scomparire Eros, trasformandosi in qualcosa di migliore, ma incognito, ma anche no, e quindi spesso sancisce la fine di quel vettore di amore, che può anche prendere la direzione opposta, continuando quindi ad esercitare quell’energia verso l’altro, ma con apparente sentimento diverso, sebbene di fatto continui ad esistere questa forza…
La terza e finale forma, quella universale, è misteriosa come le altre, ma è un punto di arrivo a cui ambisco, forse perché naturalmente portato, o forse per imparare a discernere buonismo da disinteresse, vera generosità da manipolazione.

Doveroso quindi un approfondimento, storico, bibliografico e filosofico di cui Wikipedia può giustamente fare da informatore, sebbene si sa quanto nessuna fonte sia davvero imparziale, compreso io…

Àgape o agàpe (in greco antico: ἀγάπη, agápē, in latino: caritas) significa amore disinteressato, immenso, smisurato. Viene utilizzato nella teologia cristiana per indicare l’amore di Dio nei confronti dell’umanità.
Il termine, rintracciabile nell’espressione ebraica ahabâ dell’Antico Testamento, è presente nella Bibbia dei Settanta,nella versione greca dei Vangeli e nelle Lettere di Paolo. Nel vangelo di Giovanni è anche sinonimo di eucaristia.
Il verbo greco ἀγαπἀω era citato in autori della Grecia classica, per i quali significava «accogliere con affetto», «avere caro», oppure «essere contento», «preferire», mentre come sostantivo lo si trova in Iliade come «amore della virilità», «coraggio».
L’equivalente vocabolo latino caritas è stato poi utilizzato da altri autori e filosofi cristiani, soprattutto di tradizione neoplatonica, per indicare lo slancio, l’entusiasmo dell’amore verso un coniuge, la famiglia, o una qualunque particolare attività, a differenza della philia, sentimento di amicizia di carattere generalmente non sessuale, e in contrasto con eros, l’attrazione carnale.
Non è quindi solo un sentimento, ma anche una virtù, uno stato spirituale, un dono di Dio, una grazia. Viene tradotta con carità.

Il rapporto tra le due forme di amore è stato al centro di un dibattito critico tra gli studiosi. Mentre Anders Nygren distingueva nettamente l’agape dall’eros, attribuendo il primo al cristianesimo e il secondo al mondo greco, Benedetto XVI nella sua enciclica presenta invece le due forme di amore come espressioni complementari di un unico sentimento. Richiamandosi a vicenda pervadono entrambe il messaggio biblico: «Eros e agape, amore ascendente e amore discendente, non si lasciano mai separare completamente l’uno dall’altro […] . La fede biblica non costruisce un mondo parallelo o un mondo contrapposto rispetto a quell’originario fenomeno umano che è l’amore, ma accetta tutto l’uomo intervenendo nella sua ricerca di amore per purificarla, dischiudendogli al contempo nuove dimensioni».

In polemica con Nygren, John Michael Rist ha sostenuto che il concetto di agape non è estraneo neppure a Platone e ai neoplatonici pagani, sebbene costoro utilizzino esclusivamente il termine eros: «Nygren ha indubbiamente ragione nel sostenere che sia Platone che Plotino parlano più dell’amore appetitivo che di qualunque altra specie di Eros, ma entrambi hanno perfezionato il loro concetto di amore nella direzione della Agape, in una misura molto più grande di quella ammessa da Nygren».  Egli rileva ad esempio che l’eros in Plotino non sembra essere soltanto un movimento ascensivo, ma anche una forza creatrice, propria dell’Uno che «ama se stesso»:
«Si deve ammettere che l’Eros dell’Uno è riferito a sé stesso; ciò, tuttavia, non lo rende appetitivo, dal momento che l’Uno è per natura perfetto e senza bisogni. Inoltre, tutte le cose sono nell’Uno. Eros è rivolto all’Uno in sé stesso e all’Uno presente con i suoi effetti. Dal momento che proprio questa presenza è la causa dell’esistenza delle altre cose, è chiaro che Plotino non è distante dall’identificare Eros con il potere della creazione, con il dare indiminuito che l’Uno possiede. L’Uno è la causa delle altre Ipostasi; è anche amore di sé. Pertanto, l’amore che l’Uno ha di sé stesso, con la sua contemplazione di sé, dev’essere la causa delle altre Ipostasi.»
(John M. Rist, Eros e Psyche, p. 110, Vita e Pensiero, 1995)

Del resto, anche nei cristiani Origene e Dionigi, secondo Rist, eros e agape non sono ritenuti in contrasto tra di loro, sebbene la letteratura cristiana abbia preferito adoperare il termine agape per evitare gli equivoci a cui si sarebbe prestato l’utilizzo di eros, qualora inteso in senso troppo «carnale». Un uso di eros accanto a quello di agape lo si ritrova pure in Gregorio di Nissa, nel quale secondo Walther Völker esso sarebbe da leggere analogamente non come amore possessivo per un malinteso influsso platonico come sostenuto da Nygren, ma alla luce appunto dell’agape e della dottrina cristiana della grazia.

E qui ritorno io, nel mio blaterare. Innanzitutto scoprire che vi è un punto di vista che contemplerebbe l’eros nell’Uno mi sorprende, per la mia ignoranza soprattutto, ma anche per consentirmi di prenderlo almeno in considerazione, e di sentirlo “risuonare” quasi correttamente, quasi una nuova tesi da sposare, da adottare o prendere come nuovo esempio…
Sicuramente queste fonti parlano di un concetto che non può essere sviscerato completamente. Altrettanto, la natura e la condizione umana influiscono su ogni vita e su ogni esperienza. Così come ogni anima che scegliamo è lì per darci specifici insegnamenti. Le domande sono, sarebbero tantissime. Perché ci innamoriamo? Forse il modo migliore per ricevere quella lezione, quell’esperienza da qualcuno che non è lì “per forza”. Riconoscere qualcuno, una persona, una forma di energia, che sia parte di te, che è legata a te, che deve avere a che fare con te, come avviene? Istinto, segni, destino, intuito, un elenco interminabile, e vario, quanto la fortunata diversità umana.
L’agnello di Dio, che toglie i peccati del mondo. Questa frase biblica è immensamente potente, quanto misteriosa e difficile da decodificare, se paragonata all’atto di fiducia e di sacrificio richiesto nel mettere ciò che si ama di più al mondo, sull’altare sacrificale, a Dio, cioè alla nostra triplice unità. Io questo amore lo lascio a te che me lo chiedi, lo lascio andare, fiducioso che cresca, anche in mia assenza. Io non lo sacrifico, non lo uccido, non lo termino, lo porto ad un livello superiore. Quello in cui probabilmente mi sarà data un’altra opportunità, unica come la precedente, di vivere qualcosa che è al di sopra della vita. Mi prendo la responsabilità di questo amore, del mio amore, dell’amore. Del cuore puro, libero dai depotenziamenti che anche in altre sfere inquinano le forme di energia più pulite.
Ho sempre amato il fuoco, ma molto meno scottarmi o bruciarmi. Quell’amore mi deve insegnare a manipolarlo, a maneggiarlo correttamente, se davvero ancora lo amo. Prima dell’irreversibilità di una gravissima ustione. C’è stato un giorno nella mia vita in cui è corrisposto ad un grande passo evolutivo, un inizio, un punto dal quale non ho più avuto stabilità, gli eventi si sono susseguiti in modo tale che non mi sono più potuto fermare. Fermare da nessuna parte, ed è lì che ho cominciato via via a capire, fino ad apprezzare la bellezza del viaggio rispetto alla stabilità, a cogliere l’opportunità quando si manifesta, a godere di ciò che ho, nel momento presente in cui c’è, senza proiettare desideri a modifica di come lo avrei voluto, o fatto in modo che diventasse.
Ama il prossimo tuo come te stesso, che sei ad immagine e somiglianza di Dio. E se non puoi amare, significa che è il momento di imparare ad amare te, dal momento che non si ha la possibilità di osservare o decodificare il messaggio animico della fiamma che te lo mostra. Stavolta nel piatto ci sono io ed il mio sentire, sincronico e coincidente, avvalorato e confermato dagli eventi, dai segni e dai sogni. Mi ritrovo senza una gamba con la scelta di continuare a camminare o meno. Non ho altro che me. Ci sono io ed io soltanto, ed è già una grande fortuna, un favoloso insegnamento. Non mi chiedo nemmeno se seguire questo mio comando mi faccia stare bene o no, perché questo è, e tanto mi deve bastare. Ho già ricevuto diversi indizi, diversi avvertimenti, il fato è stato generoso con me, e mi sento in dovere di ricambiare, senza barare.

Ciò che ho nel piatto è la mia pietanza, la mia fonte di energia, quella che mi serve a trasformare. informazioni che trasformo in forma di energia e materia di scarto. In questo caso per qualcuno io posso essere insegnamento, energia, o scarto. Così è. Punto e basta. Ciò che è in questa vita ha un luogo e un tempo, un fine e un significato, non immediatamente riconoscibili. Ma per alcuni di noi vi è un indizio, un comando, un sentire, che non può essere ignorato. E nella Pace, quindi ciò che io considero il vero significato di agapé, amore universale e puro, ci sono le intuizioni ed i significati, le decisioni ed il sentire più vero, più coerente, più vicino a Dio, quindi a me. Capita raramente, credo, di avere una possibilità come quella che è capitata a me, inevitabilmente senza cadere nel senso di inadeguatezza, sono grato, ma cerco di ricambiare nelle occasioni che mi si prestano. L’immagine di me, l’altra parte di me, a livello energetico e animico è puntuale e speculare, e ne sono continuamente innamorato. Quella è parte di me, e l’amore universale e disinteressato vuole, ma lo voglio e lo sento anche io, che io la amerò per sempre, ieri oggi e domani, la aspettavo da una vita pur senza saperlo, ho scoperto repentinamente sia la sua esistenza che la mia opportunità, la mia fortuna, a cui devo tanto, tanta gratitudine, tanto amore, tanta pace.

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