Passando per Blu e Viola.
Dalla gola all’anima. Dall’espressione allo spirito. Forse ho trovato lo scopo della pittura e della creatività. L’autonoma e originale, personale capacità di curarsi, esprimendo qualcosa che si ha dentro.
Tante volte il celeste è significato questo, l’esercizio di quella o quelle attività che, nel loro mentre, ti fanno dimenticare alcuni aspetti materiali della propria giornata. In quei frangenti non si pensa, non si è preoccupati, non si ha lo stimolo o il ricordo di mangiare, bere o fumare, il tempo passa e ci si sente meglio, ri-lasciando in quel “lavoro” qualcosa di interiore che non ha un valore specifico, se non nella sensazione di completezza che si riceve poi.

C’è chi canta o suona, magari rompendo qualche bicchiere, chi interpreta, chi dipinge, chi scrive, chi scolpisce o crea in generale… Valgono anche lavori di ristrutturazione e riordino dei propri ambienti o espressioni culinarie improvvisate… Non saranno senz’altro capolavori per il mainstream, ma lo sono per la nostra interiorità. Il Vishuddha è in funzione e la propria verità, espressa all’opera cura la gola. La verità che cura la verità.

Nella pittura e in generale in cromoterapia, il passaggio al blu e viola rappresenta la mente, capace di condizionare ogni azione. Spesso la sega mentale viene trasformata in capacità intuitiva grazie all’esercizio creativo o espressivo. La chiaroveggenza è soffocata dalla mente calcolatrice. Un concetto che non ho inventato io.
Dal viola al bianco, la percezione diviene fine e sottile, e richiama tramite lo spirito lo scòpo dell’anima incarnata in questo corpo. Inizialmente la coscienza, scansa la propria congiunzione di “esame” e prende quella del suo sinonimo omogeneo ma non letterale, energia di guarigione spirituale. Quella per cui secondo discipline orientali correlate ai chakra, il prana, la luce bianca, quella forma di energia che potrebbe provenire dall’alto, dal sole, dal ”cielo”, entrerebbe dalla corona e “ripulirebbe” il corpo eterico umano, i chakra, la salute.

Anche la pittura steineriana approfondisce con esperimenti tipici le difficoltà di esprimersi su carta o tela, tramite dei colori. A dinamiche familiari complesse o non metabolizzate spesso corrispondono attitudini variegate e non sempre brillanti con l’esercizio dei rossi e dei neri. Una mentalità esasperata dal controllo e dalla preoccupazione può avere medesime corrispondenze con i blu. Nell’esercizio della pittura mi lascio andare ma poi cerco di analizzare le mie preferenze e le difficoltà a rapportarmi con certi colori. Prendo e porto a casa, come in Interstate 60.

E’ la stessa cosa di quando ti chiedo quale è il tuo colore preferito o detestato. Oltre a non ricevere pressoché mai la risposta dell’equilibrio, traggo comunque una parte di te che sicuramente ti contraddistingue o che ti ha segnato, qualcosa che è il tuo punto forte o debole, qualcosa che ti identifica in questo momento o in passato, che ti ha segnato in bene o in male, un peso che trasporti, una forma di giudizio che prevarica altre priorità, un problema che non vuoi affrontare o che per comodità inconscia non vuoi abbandonare.
Perché spesso il tanto desiderato “oltre”, avviene solo se si è digerito e lasciato il formativo “ieri”.

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