In genere, per non dire quasi sempre, la causa dei nostri malesseri o malattie è la reazione interiore relativa alla sollecitazione esterna. Parlando di me rendo meglio l’idea e perdo il vizio della generalizzazione.
Questa tesi potrebbe sembrare strana, ma in maniera molto trasparente, tutto quello che mi accade dipende da me. La sollecitazione esterna è proprio quella che io interiormente voglio o mi serve, oppure ho fatto in modo che si verifichi. La situazione che disprezzo è quella che proietto, affinché si manifesti. Quella che io creo nell’essere dubbioso o preoccupato.
In questo preciso periodo stanno succedendo esternamente ed intorno a me cose che detesto, profondamente.
In questo caso il pensiero crea, ricalca, e va di pari passo con questa dinamica di responsabilità.
Anche nella dinamica del cambiare la realtà, operazione realmente possibile a tutti noi, la responsabilità, coscientemente e anche involontariamente, si è fortemente ripercossa sulla prospettiva di ciò che stava succedendo. Inoltre il prenderla con ironia o divertimento l’ha resa semplicemente profonda e di riflessione. Chiaramente la realtà cambiata di un caffè con o senza zucchero, di quel piatto di pasta piuttosto che di un’altra scelta improvvisa e contraria, sono sicuramente piccola cosa, ma evidente di come in quel momento si rimane presenti, anziché assentarsi, vivendo in maniera automatica una situazione.
Di conseguenza la presenza favorisce anche l’azione positiva.

Poi ho colto i significati profondi legati al giudizio, che può sempre inquinare ed inficiare una considerazione, anche semplice, come i compiti di tutti i giorni, gli imprevisti tali per cui ci si ritrova con elementi di disturbo che possono rendere più difficile un compito. Il giudizio, come già approfondito, spegne la parte intuitiva, ma offusca anche dall’analisi più pura.
La causa esterna toglie responsabilità ma non risolve il problema. Tenendo a mente che ogni responsabilità è puramente mia, inevitabilmente l’attenzione e la presenza non possono venire meno.
A quel punto l’arma a doppio taglio dell’esser causa, che riversa a maggior ragione responsabilità unicamente su se stessi, è come un cartello di avviso per atteggiamenti con immediata multa interiore. E la multa è dolore e dispiacere per un errore che è sotto gli occhi, e sotto gli occhi si vede la ripercussione di quell’errore. Forse il vero o unico modo per ottenere interiormente un progresso aiutato da una regola da seguire. La regola che, sebbene astratta, è ben presente interiormente e con un po’ di esercizio di presenza si può caricare facilmente in memoria.
Responsabilità per favorire ed aumentare presenza, responsabilità per enfatizzare l’uso della coscienza, intesa come positiva, cioè che non sia di danno né a se stessi né al prossimo.
Sommare la responsabilità, come approfondita e qui intesa, alla depurazione dai veleni, rende davvero molto più liberi.
Essere capaci di produrre “abili risposte” agli eventi (non necessariamente esterni) che la vita ti propone, uniti alla disintossicazione dai veleni, quindi anche il perdono e l’assenza del giudizio, è sicuramente una strada pulita che aiuta a essere ancora più in equilibrio, e per dirla meglio, ti avvicina a quella condizione (forse di flusso) che ti rende capace di fronteggiare “live” qualsiasi situazione, problematica, o dinamica, e quindi anche essere capace di cambiarne la sorte (ipoteticamente segnata).

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