C’è un’ora della notte che concilia la rinascita e la scoperta delle nostre percezioni interiori. Qualunque cosa si ponga non viene nel nulla della sua complessità. A volte la curiosità corrisponde alla reale opportunità che la pioggia consente nella la sua caduta. Eppure ancora non si riesce a capire la capacità della nostra possibilità. La probabilità poetica non collima con la nostra reale capacità. Nei giorni scorsi ho ri-visto/ascoltato mentre guidavo per la milionesima volta il film Forrest Gump. E rimane come immensa la scena che va verso al lunghissimo finale in cui Jenny presenta il figlio a Forrest, e gli chiede come lo trova, sapendo che lui nonostante tutto ha visto ogni tipo di dinamica e emozione nella sua vita. E lui osservando quel bambino, pronuncia una delle frasi più belle della storia del cinema. Lei gli chiede come vede quel bambino, che ha il suo stesso nome. E lui risponde: ” è la cosa più bella che io abbia mai visto”.
Inutile spiegare le lacrime, inutile descrivere a parole l’emozione. Qualcosa che espresso in quella meravigliosa frase fa il giro ed il paio di tutto ciò che sta succedendo proprio ora.
Qualcosa avviene senza volere e qualcosa avviene senza potere. Il sapere così come il dovere concilia la capacità di discernere ciò che avviene da ciò che si attrae. Eppure si viene per vedere, eppure si viene per conoscere, per apprendere, e per protendere. Cosa mai potremmo protendere nella pretesa, se non ciò che abbiamo in eccesso e mettiamo in mostra per la conoscenza di noi stessi? Ciò che cerchiamo e non sempre otteniamo rappresenta la meraviglia di quello che abbiamo nel focus e che richiamiamo verso il nostro divenire.
Mia madre contenta di una notizia non necessariamente felice, mi insegna che il puro affidamento propone ciò che dio dovrebbe disporre.
La poesia imperversa, denuncia e conclama ciò che hai dentro e che per nulla ritieni necessario, eppure accade, eppure succede, eppure esiste, nell’immensità della reale presenza di ciò che stai vivendo.
Sono stato via per una settimana, una fiera medievale, una città di pietra in mezzo al verde della montagna ligure e toscana, eppure nessuna delle due come le conosco, porta verso la capacità gigante di rilievo del proprio inconscio. Eppure per gioco e per scongiurare una vecchia maledetta superstizione mi sono ritrovato anche cartomante. Con qualità che non conoscevo, con sensazioni che mi servivano per tornare a me stesso, rivedere ciò che ero e ciò che potevo intraprendere. Ma soprattutto con un dovuto rispetto che non avevo mai considerato di doverci mettere. Come quei due pani e due pesci necessari per la moltiplicazione.
Ho esplorato quei lidi rispettando ciò che ho vissuto, nella ligure toscana piovosa, fumante e bestemmiante, nella toscana amica e corrispondente al tuo sorriso. Eppure ancora non so se arrivo o parto, non so se comprendo o manco, se apprendo o corrispondo, fatto sta che non ho capito un cazzo.
Rimane il fatto che ho appreso nuove parti di me, anche nel breve, anche nel poco, qualcosa che mi accresce senza sapere che lo stavo facendo, senza sapere che potevo intraprenderlo. Qualcosa che avviene senza l’azione diretta. Stavolta l’azione diretta non corrisponde a quello che dovresti ottenere. Siamo qui per capire ciò che siamo. Siamo qui per comprendere ciò che l’anima ha scelto per noi nella nostra corrispondente inquietitune nel cammino imperverso del nostro comprendere.
Non ho detto nulla, eppure ho detto tutto ciò che ho nel mio interiore al momento. ma questo momento può essere o meno relativo a quello che ho visto essere nel mio cammino.
E poi l’essere capace, capire la necessità, trovare la modalità, e beneficiarne, di piangere.
E quel “circo della farfalla” che rivedo nuovamente, stavolta insieme a mia mamma, senza nascondere l’emozione, e che in questo momento ci stava tutto, per me e per chiunque, come quella bellissima cosa che vorresti provassero tutti quelli a cui vuoi bene, ma anche a tutti gli altri.
Nel mentre i problemi e gli ostacoli si sommano, come niente fosse, come quel bicchiere pieno che straborda, quello delle emozioni di mia nipote Ada, che domenica andrò a prendere in comunità per provare a far svagare facendole vivere una giornata diversa in cui comprendere con più leggerezza che non ha più ne madre ne padre ne casa ma si deve andare avanti comunque, anche a 11 anni. E non so davvero come fare, ma come al solito qualcosa mi verrà. Magari farò vedere il circo della farfalla anche a lei.




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