Dentro. Centro. Vi entro. Cosa è questa vita? Una immensa opportunità. Un dono meraviglioso. Attonito e curioso, cerco domande alle mie risposte. Affronto dinamiche propedeutiche, ma aliene alle mie esperienze.
Il maestro di poesia in musica Baglioni intona in una “notte di note” la strofa della vita: buonanotte a queste nubi d’inchiostro, buonanotte a questo figlio nostro, o meglio ancora nella splendida “tutto il calcio minuto per minuto”: La ragazza e il suo amore, Che le muore tra le braccia, Raccoglie un pezzo di dolore, E ci si taglia il cuore. L’uomo e la donna accarezzando un sogno, Si accarezzano la faccia, Confusi stretti in uno stesso batticuore… E a due a due vanno via, Dentro un’aria tagliente a vetrini
Questo è il tipo di dolore, di esperienza, e di evoluzione che ho vissuto recentemente. Probabilmente non è nemmeno il reale culmine, ma di certo mi ha cambiato. Sono diverso. Ancora una volta Claudio, tra i tanti padri adottivi che ho a mia volta adottato nella mia vita essendone apparentemente privo, riassume in maniera istruttiva e descrive l’immensità dell’emozione in poche scarne e profonde parole. Queste come altre righe sono state più e più volte arbitro di quelle azioni, quelle situazioni, che in innumerevoli momenti della mia vita sono stato capace di carpire, anche se spesso lontano dal significato del periodo effettivamente espresso. Vedevo quello che esisteva pur essendone lontano alla visione. In ogni caso mi ha sempre fatto sognare, viaggiare, ma soprattutto capire. Capire cosa vi è nel mondo, anche situazioni lontane da me. Come gli “uomini persi” di vario tipo, e per cui mi sovvengono quelli che comprano la vita degli altri vendendogli bustine…, e, sebbene oggi descrizione di evidente cultura anni 80, ieri come oggi mi sono servite da avviso. “L’amico e il domani”, “andiamo a casa”, alcuni pezzi mostruosamente marcanti del mio imprinting sensibile ed emotivo.

Ero un bambino curioso e sensibile, contrastato e intelligente, spento ma vivo, senza padre, con più madri, nonno e zio, quindi non mi mancava nulla. Forse ho avuto molto più di tanti altri. Come orgogliosamente rilevato recentemente, quella borghesia con i problemi e panni lavati in casa e lontano dai miei occhi, mi ha reso rincoglionito il giusto, quel tanto che bastasse a non aggiungere domande alle mie imperfette incoerenze. Quell’album ascoltato di nascosto in camera di mio zio mi ha insegnato parti di vita prima ancora di poterla vivere. Mi ha raccontato di evidenze non visibili o lontane dalla mia educazione familiare. Eppure a 6 anni non ero nemmeno educato nel mangiare, così come oggi, e mi vien da ridere al pensiero… E come in quella campana di vetro ero stabilmente rincoglionito, e non aspettavo altro che sfracellarmi al primo soffio di vento.
Quell’album precedeva il nuovo capolavoro, “Oltre”, intitolato come il recente articolo, l’album che parlava di Amore, oscurità, sensibilità, varietà, infinito, e libertà, perdono, limiti. La paternità che non ho mai avuto e la sua accettazione. “Tamburi lontani” e “pace”, due capolavori in mezzo a 20 opere d’arte. Io ringrazio di essermi trovato in quella casa tutto solo per ore e di aver trovato quella audiocassetta e di essermi trovato nelle condizioni di farla suonare, nonostante mi fosse vietato, per iniziare a commuovermi, ad assaporare quelle sensazioni così lontane da me, per iniziare ad essere diverso tra i normali, quei “normali” che oggi considero malati, malati che oggi compassionevolmente accolgo nel limite della fortuna, o meglio della scelta. Fortuna audace, che ho scelto di trovare per cercata o meritata coincidenza. Coincidenza cosciente? Questa vita ha la perfezione nell’anima, l’anima nella perfezione, il ruolo nello scopo.

Non era mia intenzione parlare di Claudio Baglioni e di quanto e come mi sia stato padre in musica, con dolci insegnamenti fatti di emozioni narrate, fino al viverle od osservarle, ricordando come quella poesia fosse attinente senza tempo a ciò che vedevo, ciò che dovevo ancora vivere, ciò che, modestamente o in piena superbia, sapevo che potevo capire, anche se ero acerbo e stupido, più o meno come ora. Ora che vivo una splendida opportunità, e nonostante io sia fortunato nel poterla vedere, non so se la sto sfruttando appieno.
Concludo questa lagna di caratteri con la mia canzone preferita, un affresco di vita, emozioni, energia, infinita energia e sconfinata purezza, ciò a cui mi ispiro:

Tu chi sei
Che parli diverso
Piu giovane di me
In un’altra età persa perso
In mezzo ai giorni tuoi
Pezzi di quella vita che non so
Tu chi sei
Tu chi sei
Un universo

Tu che hai
La nuova promessa
Di un segno che lasciai
Nell’infinità adesso impressa
In fondo agli occhi tuoi
Figli di quella luce che non è
Solo tua
Solo mia

Se l’alba è la stessa

Cielo e oceano
Acqua nell’acqua
Onda e nuvola
Acqua nell’acqua

Fiato dentro il fiato
Io in te quant’è passato?

Corpo e anima
Acqua nell’acqua
Vene e lacrime
Acqua nell’acqua
Il mio grido nel tuo grido
È stato un brivido
Un vento caldo da domare

Per salirci su e tornare
A riamare
Aria e mare

Con te che fai
Un altro sentiero
E insegui la tua via
In cerca di te vera vero
E non si arriva mai
A sapere quand’è che finirà
Tu che hai
Io che ho

Un cuore sincero
Che batte
Un cuore che batte
Davvero

Cielo e oceano

Acqua nell’acqua
Onda e nuvola
Acqua nell’acqua
Fiato dentro il fiato
Io a te cos’è che ho dato?

Corpo e anima
Acqua nell’acqua
Vene e lacrime
Acqua nell’acqua
Il mio grido nel tuo grido
È ancora un brivido…
Che c’è
Che piega e piaga la mia schiena
Che rovescia un fiume in piena
Mi svegliai
Su questa scena
E nello sconcerto
Cominciai il concerto

E incerto salutai
E attraversai
Tutto il deserto
Per trovarmi in mare aperto
E respirai
E respirai

Acqua nell’acqua di parole
Come un salto nelle gole
Verso isole di sole
Un volo libero di bere
Nelle azzurrità leggere
Anche per perdersi e cadere
Ricadere giù

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