Nella natura umana c’è spesso un momento in cui qualcuno evolve attraverso un evento significativo, apprende ciò che lo illumina, e a quel punto, nella transizione del passaggio a quel nuovo sé, si ritrova a voler condividere all’esterno l’insegnamento o il rafforzo recepito e consolidato.
Non è una connotazione negativa o ignorante quella che sottolineo, è comune a tutti, credo che chiunque ci sia passato, dall’eta infantile, fino alle scolastiche di ogni tipo, ivi comprese le scuole della vita, olistica, riflessologica, o dinamica
Ebbene, a dispetto del momento, che si è definito come transitorio, la natura umana si rivela figlia dello schema che lo sostiene, e non c’è errore più grande che si possa fare. Lo sbaglio è proprio quello di non tenerselo esclusivamente per se. Eppure non è un errore cosciente o deliberatamente compiuto. E’ figlio di uno schema, e sono due giorni che cerco di capire quale, o quali. Capisco bene i vari sensi di colpa o di dovere nella condivisione, ma anche loro soggetti ad uno schema. Capisco altrettanto bene il desiderio di partecipazione, piuttosto che la condizione evidente dell’altro che “sembra” essere in richiamo di quel consiglio, non richiesto, per cui la propria vita migliorerebbe. Appunto, “sembra”, ma non è. Ed anche questa visione richiede uno sguardo sgombro. “Proponetevi sempre di aiutare sempre solo quelli che ve lo chiedono”, per parafrasare l’ermetismo che tanto mi è stato d’aiuto oltre agli altri insegnamenti che la vita mi ha dato senza che altri interferissero nel suggerirmelo.

Ma è davvero questo ciò di cui vorrei parlare? Non so davvero.
Probabilmente è più interessante una riflessione sulla giustizia. Sul differente senso di giustizia che ognuno ha, su come viene interpretato, su quello che esso genera, e sulle dinamiche per cui alcune nostre fiamme possano identificarci ancora in un qualcosa che, puntualmente, col senno di poi, avremmo preferito ovviare. Oppure il contrario, per cui avremmo voluto agire diversamente, convinti che quella diversità avrebbe cambiato chissà che cosa. Ed anche in quel caso, avviene lo stesso consiglio subliminale del paragrafo precedente, per cui “è sempre meglio tacere, dando l’impressione di essere stupidi, piuttosto che aprire la bocca e togliere ogni dubbio”. Niente di più vero.
Torniamo a noi, e cerchiamo di percorrere la strada di una denuncia di sincerità più consona e drammaticamente corretta, semanticamente intuibile e logicamente apprendibile.
Mi è stato detto poco fa che alcune dinamiche portano a reazioni profonde e potenti perché toccano una dinamica interna ma anche perché si è particolarmente coinvolti. Se qualcuno entra in casa tua e dà un calcio al tuo gatto, non credo che tu “porga immediatamente l’altra guancia”, e nemmeno l’altro gatto. Di fronte ad una violenza mostrata davanti a te, nei confronti di anime innocenti, come ad esempio bambini o persone indifese, una qualche reazione avviene. Eppure io di queste reazioni ho un timore particolare. Perché la mia rabbia e la mia potenza, in cattiveria, è molto pericolosa. Perché non sono capace di gestirla, e al solo pensiero di agire, in vendetta o in reazione, soffro, e sto male. A dispetto di persone che conosco che nella loro coerenza sono capaci di colpire o vendicare, anche solo per insegnare, e di non battere ciglio, questo dipende sicuramente anche dal loro karma spirituale, per cui è consono che possano agire in un determinato modo senza patirne l’onta, quella che loro stessi non hanno in serbo o in focus nel loro scatto evolutivo. Il mio vivendo relativo al problema della prigionia, del sentirmi bloccato o impotente, rivela un probabile passato in cui ho scontato una pena vivendo proprio quel lungo isolamento che mi è servito per evolvere un percorso di anima animale a favore di un’anima supernaturale. E non sono meglio ne peggio di chi ha o non ha quella coerenza. Vivo solo quella dinamica per cui sconto ancora oggi la rottura di uno schema che tutti intorno a me non vogliono interrompere, e nel farlo, pago il conto anche di chi ho vicino. Ma come ho potuto misurare recentemente, ho tirato delle somme su dei conti che tornano. Ho cinquanta anni, quasi, non prendo farmaci ed il mio corpo sta abbastanza bene ed è abbastanza sano. Metamedicamente a parte i miei soliti acciacchi mi parlano di dinamiche non irreversibili, finora, e sono ancora qui a giocarmela.
Sono ancora alla ricerca della chiave della mia realizzazione, anche se non posso dire di essere infelice, nonostante i miei innumerevoli problemi. E i miei problemi sono abbastanza esterni a me, pur facendo parte della mia parentela o dei miei specchi, piuttosto che dei miei affari. Non tutto mi riguarda direttamente, ma quel poco che riesco via via a intravedere oltre la siepe mi parla di un percorso che va nell’unica direzione possibile. Casomai il vestito, la postura, le scarpe, possono essere revisionati. E’ giustamente vero che se non hai camminato nelle scarpe di qualcuno non dovresti provare a giudicare, ma è altrettanto solare come il giudizio sia un meccanismo insito che non è annullabile, ma soltanto gestibile nel suo riconoscimento, discernimento, capendo e vedendo in presenza il suo arrivo per comprenderne il potenziale inserimento schematico nei nostri ragionamenti o nelle nostre intuizioni. Nelle nostre idee e negli schemi di credenze. Anche assiomi consolidati possono richiare di cadere, svincolandosi da schemi che non sapevamo che avevamo appresi e presi per verità assolute. Se un fatto ti viene insegnato da tua madre o nei primi anni di vita da un tutore, un insegnante, o qualcuno che ti protegge, difficilmente verrà preso in esame per considerarne la sua costruzione anziché costituzione. Se avessi le ali come gli uccelli, potrei palesare correttamente come funziona il cielo e vedere le cose da quella prospettiva. Eppure un qualche studio ce l’ha ricostruito. L’elevazione dell’uomo verso l’alto è un tema ricorrente anche in ambito olistico e interiore, ed ha chiaramente ripercussioni ed esemplificazioni materiali che devono servire ad esempio per capire molte cose.

In questa realtà l’informazione, la politica, la finanza, la religione, la scienza, la medicina, l’istruzione e tante altre istituzioni o organizzazioni superiori sono chiaramente aziende di profitto, non organismi pro-bono come infantilmente appreso. Spesso un progresso, una notizia, o un cambiamento sociale, politico, bellico, ecc. si mostrano per una motivazione ineccepibilmente reale sottendendone altre utili ad uno scopo proficuo, ma questo tornaconto non è mai popolare, è sempre destinato alle stesse istituzioni che manipolano questi temi. Ad esempio larga parte dell’opinione pubblica ha leggermente mutato l’idea che aveva nel biennio 2020/21 rispetto ad oggi, tardo 2025, eppure la confusione regna ancora, proprio per l’apparente fantascienza che vi sia dietro l’idea di scardinare uno schema istituzionale così consolidato.
Obiettivi e scenari di guerra muovono proteste proprio per un senso di colpa interiore, ignorantemente direzionato in luoghi che talvolta vivono già da tempo quella situazione. E’ strano che se a casa mia c’è una guerra, e c’è da 40 anni, e tutto il mio palazzo sembra che se ne infischi, tutto il mio quartiere sembra che non possa fare niente, tutta la mia provincia e la mia regione pure, e tralascio le relative forze armate o dell’ordine presenti ovunque, è altrettanto curioso che dalla Sicilia si faccia in modo che si organizzino per venire a fermare ciò che qui non viene volutamente o meno fatto, mossi da un’indignazione e da una solidarietà che solo ora devono venire accese. Io due domande me le faccio. Anche perché, sempre paragonando la mia casa ad una nazione, ci sono diverse case, moltissime, in cui succede anche di peggio e non viene stranamente sottolineato da nessuno. Forse a qualcosa serve.
L’uomo si muove più facilmente in branco, perché individualmente si pone il dubbio o il timore. Ed anche questo va accettato.

Recentemente un paradigma a me carissimo sembra sia caduto come un caco dal suo albero, non raccolto per tempo e distrutto nel suo atterraggio. Proprio sottoposto a quella forza di gravità, che potrebbe rivelarsi una convenzione contraria ad una forza elettrostatica, legata più alle densità e alle forze che all’assioma. Come quell’assioma per cui ogni numero elevato alla potenza 0 restituisce 1. Chiunque se l’è chiesto, prima di accettarlo come dato di fatto ed iniziare ad utilizzarlo. La “convenzione” genera immediato fastidio, poi una volta accettata non la si discute più. Eppure se per convenzione si dovessero avere comportamenti inclini al tradimento e alla menzogna, al furto o alla violenza, e la cosa anziché da uno a tanti, avvenisse tra due persone, cosa succederebbe? Ops, mi sono sbagliato, succede già tutti i giorni ed è luogo di divisione, di sofferenza, di rancore, tutte mancanze di amore.
Eppure quando scopriamo che le convenzioni adottate, anche le più alte, possono essere un tradimento ed una menzogna, prima ancora di scoprirne il difficilissimo motivo (spesso e volentieri noi stessi abbiamo comportamenti di quel tipo senza essere capaci di motivarlo realmente), la reazione è sempre quella legata alla divisione, un senso di incertezza ed impotenza che non ha la solidità del motivo, e non è istruttiva come la violenta correzione di un genitore a ragion veduta educativa. Dubitare di un inganno perché non si riesce ad arrivare o ad accettare la grandezza dello stesso, rende ancor più semplice continuare a razzolare in un recinto il cui cancello sarebbe aperto, ma nessun altro bovino è mai uscito, e quindi chi sarei io per primo ad avventurarmi verso il campo aperto, che a sua volta è stato schematizzato come pericoloso e vietato. La nostra stella ed il nostro satellite non avrebbero le caratteristiche che abbiamo studiato, così come un pianeta che non rispetterebbe la forma che abbiamo letto sui libri, e sfuggendo il motivo, sembra troppo grande l’inganno per provare anche solo a prenderlo in considerazione. I confini di questo mondo non avrebbero le caratteristiche esclusive che sappiamo. Ma lo sappiamo perché ce l’hanno detto, non perché lo abbiamo visto con i nostri occhi. Ma è simile al paradosso della vita dopo la vita, chi tra paradisi o inferni, luci bianche e tunnel, esperienze di vario tipo, ma nessuno è tornato personalmente a documentare cosa succede dopo. Eppure potrebbe succedere semplicemente quello che avviene nel mistero di ogni morte odierna che viviamo, ci si risveglia, ed è un’altra vita, un’altra possibilità, un altro giorno. Ad ogni risveglio siamo potenzialmente nuovi, rinati. Capita di andare a letto con un fastidio o un mal di testa e risvegliarsi senza. A volte si rinasce nuovi, altre no. E nel sonno ci spostiamo dai condizionamenti a favore dei nostri paralleli, in cui il tempo si ritrae ed esercita molto meno potere, lo spazio è un elemento diversamente percorribile, e la visione spesso non è oculare ma esterna.

Direi che per oggi l’insalata ha fin troppi ingredienti, e spesso per aggiungere con gli occhi, lo stomaco non accetta qualcosa. Qualcosa non andrà giu e verrà mal digerito. Altra opportunità per imparare a trasformare un’informazione di troppo, quella che non ci voleva, ma che stimola l’apparato a trovare o meglio creare, l’enzima giusto per scinderlo nelle materie nutritive, energetiche, e di scarto. Scarto l’idea di non mettere in discussione mai niente, perché altrimenti qualcosa dentro di me muore e non funziona più.

Categoria

Tags:

Informazioni su questo sito

Questo sito è:
un luogo completamente mio dove posso esprimermi in “ordine sparso”.
Riflessioni e considerazioni.
Punti di vista e condivisioni.
Razionale ed irrazionale, abbinati in maniera libera e rigorosamente disordinata.

Archivio articoli per mese
Commenti recenti
Classifica Articoli e Pagine
Chi